I Ragazzi del Santuario, il Parroco ed il Comitato, vi danno il benvenuto sul sito dedicato al Santuario di Maria SS degli Angeli. Attraverso la storia, la Gallery e le testimonianze dei fedeli, cercheremo di dare voce alla vita trascorsa di questo luogo da poco riscoperto, ricco di preghiera e di fascino situato nella piccola cittadella di Cicciano (Na).

San Guglielmo Abate

SAN GUGLIELMO ABATE E CICCIANO

TRA STORIA E TRADIZIONE



Guglielmo di Montevergine o San Guglielmo da Vercelli o semplicemente San Guglielmo Abate, come lo si è sentito chiamare nella storia, nacque nel 1085 da nobile famiglia proprio a Vercelli, ora città della Lombardia. Famoso per aver fondato in Irpinia la Congregazione Benedettina di Montevergine, con caratteristiche cenobitiche. Fondò tanti monasteri non solo nell’Irpinia ma quasi in tutto il Mezzogiorno, fra cui dalle ultime ricerche pervenuteci si pensa anche il nostro Santuario dedicato a Maria SS degli Angeli a Cicciano.
Nacque nel periodo in cui tra il papa, S. Gregorio VII, e l'imperatore della Germania, Enrico IV, si svolgeva un'accanita lotta per la questione delle investiture. Essendo rimasto orfano di entrambi i genitori fin dalla fanciullezza, Guglielmo ricevette una buona educazione da uno dei suoi parenti. Attratto dalla grazia, a quindici anni egli rinunciò alle delizie della sua privilegiata condizione per indossare l'abito monastico e pellegrinare, in spirito di penitenza, conforme all'uso in voga, ai più celebri santuari della cristianità.
In quel tempo, da tutta l'Europa numerosi fedeli accorrevano a Santiago de Compostela, arcidiocesi della Galizia (Spagna) perché, secondo un'antica, ma molto discutibile tradizione, conservava il corpo dell'apostolo S. Giacomo Maggiore. Fu quello il primo santuario che Guglielmo visitò a piedi scalzi e rivestito di un semplice abito da pellegrino. Non contento dei disagi del viaggio, della fame e della sete, per strada si fece fabbricare due cerchi di ferro, e li applicò alla nuda carne per avere qualcosa da soffrire per amore di Cristo Gesù. Quel pellegrinaggio durò cinque anni. Al ritorno, il santo sentì vivo il desiderio di compierne un altro più lungo e più faticoso al Santo Sepolcro in Gerusalemme. Si diresse per questo a piedi verso l'Italia meridionale visitando piamente le chiese che incontrava sul suo passaggio, specialmente le basiliche di Roma.
Per un po' di tempo Guglielmo soggiornò a Melfi, nella Lucania, e poi sul monte Serico, presso Atella (Potenza), abbandonandosi a digiuni e a penitenze che hanno dell'incredibile. Si racconta che colà egli operò il primo miracolo dando la vista ad un cieco che, nella sua afflizione, si era raccomandato alle sue preghiere. La fama del prodigio e delle virtù del taumaturgo non tardò a spargersi nei dintorni. Volendo restare interamente nascosto agli occhi degli uomini, Guglielmo decise di recarsi senza indugio a Brindisi per imbarcarsi alla volta delle Terra Santa. Strada facendo volle fare una breve visita a S. Giovanni da Matera, eremita di Ginosa (Taranto) e futuro fondatore della Congregazione Benedettina di Pulsano, dal quale ricevette l'avviso che non era volontà di Dio che compisse quel pellegrinaggio. Al pio romeo la cosa riuscì ancora più evidente quando, qualche giorno più tardi, fu malmenato da alcuni briganti nei pressi di Orla (Brindisi). Il penitente attraversò allora la Lucania e, quando giunse ad Atripalda (Avellino), udì chiara la voce di Dio che lo chiamava a pregare e a fare penitenza tra le asprezze di Montevergine, sul massiccio montuoso del Partenio, non lontano da luogo dove, nell'età pagana, sorgeva un famoso tempio dedicato alla dea Cibele. Colà egli si fece costruire una piccola cella e per un anno rimase solo. Gli orsi e i lupi che infestavano i boschi non osarono fargli alcun male. Addirittura la legenda narra che l’asino,che era il suo prezioso mezzo di trasporto, fu sbranato da un lupo, che poi Guglielmo prodigiosamente trasformò in mansueto animale da soma. Questo è uno dei primi miracoli che si attribuiscono al Santo. Ecco perchè ancora oggi il Santo viene raffigurato accompagnato da un Lupo.                        
Un giorno, mentre era assorto in celesti pensieri, gli apparve il Redentore, il quale gl'ingiunse di erigere una chiesa al culto della sua divina Madre, con l'aiuto dei discepoli che si erano raccolti attorno a lui in povere celle. Il vescovo di Avellino, Giovanni, verso il 1124 consacrò solennemente il tempio che il santo aveva fatto erigere. In seguito, il vescovo riconobbe l'utilità e la santità della pia istituzione di Guglielmo, e la esentò dal uso potere vescovile.
I fedeli cominciarono a salire numerosi al romitorio del santo, sia per essere istruiti da lui nelle vie della salvezza e sia per raccomandarsi alle sue preghiere. Anche degli ecclesiastici chiesero di vivere sotto la sua direzione e di condividerne il genere di vita. Guglielmo, pur sentendosi per inclinazione portato alla vita solitaria, fondò una Congregazione monastica che, fin dall'inizio, andò assumendo sempre più il carattere cenobitico con tinta spiccatamente benedettina senza la pretesa tuttavia di dare un'interpretazione esclusiva della regola di S. Benedetto. A Montevergine l'ideale di vita strettamente eremitica venne contemperato con l'esercizio del ministero pastorale a beneficio dei pellegrini, attratti e dalla devozione alla SS. Vergine e dalla fama della santità di Guglielmo. Il santo eremita non scrisse nessuna regola per quelli che vollero mettersi alla sua scuola. Richiese soltanto a viva voce, e con il suo quotidiano esempio, che tutti si dessero ad austere penitenze, non mangiassero carne e non facessero uso di latticini per tutto l'anno, lavorassero con le proprie mani, coltivassero la preghiera corale e lo studio, osservassero la più rigorosa povertà. I fedeli che salivano al santuario della SS. Vergine lasciavano nelle mani di Guglielmo abbondanti elemosine, ma egli ne riservava soltanto una piccola parte alla sua comunità e il resto lo distribuiva ai poveri. I monaci videro di mal occhio quelle liberalità che li privavano di tante comodità alle quali credevano di avere in parte diritto, e lo supplicarono di volere moderare i rigori della vita comune.
Guglielmo fece quanto poté per calmare i loro spiriti inquieti. Quando vide che le sue esortazioni non giovavano a nulla, sentendo crescere in sé sempre più il desiderio di una maggiore solitudine e il bisogno di luoghi più inaccessibili, nell'autunno del 1128 li abbandonò. Al suo posto aveva lasciato il B. Alberto il quale, con la pazienza e con l'esempio, riuscì a riportare la calma tra i religiosi e a convincerli della necessità di vivere conforme agli usi introdotti dal fondatore.
San Guglielmo poi si fermò al Laceno, presso Bagnoli Irpino (Avellino), dove ricevette la visita di S. Giovanni da Matera. Era volontà del cielo, però, manifestatasi con chiari segni, che non rimanessero per molto tempo in quel luogo. Riattraversarono la Lucania e nei pressi di Tricarico (Matera), sul monte Cognato, a destra del Bisento, si separarono definitivamente per portare a termine le missioni che Iddio aveva loro affidato. Guglielmo fondò un nuovo monastero sul monte Cognato e quando anche quella comunità fu bene avviata, lasciò un suo sostituto, con delle norme ben precise sulla vita che quei solitari dovevano condurre, e poi si allontanò. Giunse così alla piana del Goleto, presso Nusco (Avellino), dove per un anno gli servì da abitazione il cavo di un gigantesco albero.
Nel 1133 diede inizio al monastero di San Salvatore con il permesso del vescovo di Sant'Angelo dei Lombardi e il generoso aiuto del signore Ruggero di Monticulo. Era esso uno di quei monasteri doppi, introdotti in Oriente al tempo di S. Basilio, non infrequenti in Europa nel medio evo, costituiti per ragioni economiche da un complesso di distinti edifici, destinati gli uni all'abitazione dei religiosi e gli altri all'abitazione delle religiose. Altre simili fondazioni Guglielmo portò a termine con un ardore instancabile presso Rocca San Felice (Avellino), Foggia e Troia, Binetto (Bari) e in tanti altri luoghi. Esse esercitarono un benefico influsso sulle popolazioni dell'Italia meridionale.
E in questo periodo che il Santo passa per il monte Fellino e si ferma a Cicciano,dove si pensa che fonda insieme ad altri monaci del suo ordine, uno spizio e un convento.
Il territorio di Monte Fellino in età romana è attraversato dalla via Popilia, strada di primaria importanza per i collegamenti a nord verso Capua e Roma e ad est verso l'Irpinia e la Puglia,tale asse viario è stato utilizzato sia dalle milizie di Marco Claudio Marcello che dai Cartaginesi guidati da Annibale. La via ove scese il condottiero romano è tuttora chiamata: “via Claudio Marcello”.

Il santo abate Vercellese,volle edificare qui su di una terra del monte Fellino ove c'era una

fabbrica di laterizzi di epoca romana, un convento con cenobio dove i frati potessero sostare tra il tragitto che facevano dal Cassino a Montevergine. S. Guglielmo profuse il meglio delle sue attività apostoliche su tutto il territorio, infatti si trovano tracce dei monaci di Montevergine a Marigliano, a Casamarciano dove c’era anche uno studentato, nelle già esistenti catacombe di Cimitile dove alcuni frati svolsero lavoro vari e apostolato.

Fino alla morte di S. Guglielmo abate, lo spizio - convento del monte Fellino era sotto l’ordine esclusivo dei monaci Benedettini di san Guglielmo, poi passò sotto la giurisdizione di Montecassino e vi rimase fino al 1653 quando poi passò al comune di Roccarainola. Tra il 1653 e 1656 fu abbandonato perché questi luoghi furono colpiti dalla peste che infuriava su tutta la zona. Rimasto per quasi due secoli senza monaci, fu venduto dai monaci stessi nel 1894 all'avvocato Francesco Siciliano da Camposano che lo restaurò insieme alla chiesa e fu aperta al culto nel 1900, ove si svolgeva una tradizionale e antica festa in onore di Santa Maria in Fellino che ricadeva 15 giorni dopo pasqua.
 A poca distanza della chiesetta di S. Maria in Fellino sorge il santuario della madonna degli angeli. Un’ antica tradizione ci racconta che nel 1446 secondo il Manzo o secondo il Doria nel 1496, racconta lo scoprimento del quadro ad un metro sotto terra con il contadino di Camposano ed i buoi inginocchiati che non vollero più proseguire laddove era sotterrato questo quadro.
Il quadro - affresco apparteneva ad una cappellina indicante che stava posta nei pressi dove oggi sorge il santuario e d’ ipotesi non certo sicuro doveva servire come edicola per l'indicazione del vicino monastero del monte Fellino, trovandosi in un luogo alluvionale e paludoso sarà stata distrutta e seppellita per secoli fino allo scoprimento.

il quadro della madonna ha tutte le caratteristiche che ci portano a S. Guglielmo abate,  infatti come sappiamo era devoto tantissimo alla Vergine Maria,in particolare all’immagine suggestiva e materna della “ Madonna del Latte”, che ovunque fonda i suoi monasteri ne lascia l’icona; questo è uno dei motivi che faccia pensare alla fermata del Santo nel nostro paese, qui a Cicciano grazie al bellissimo affresco conservato nel santuario, che richiama appunto  tutte quelle caratteristiche che fanno risalire all’ immagine della “Madonna del Latte” del Santo Abate, cioè la figura della Vergine seduta sulle nuvole in atto ad allattare, la stessa raffigurazione trovata in quasi tutti i monasteri dove il santo soggiornò. Uno dei quadri che indica quasi con certezza che la nostra Madonne degli Angeli ci è stata portata dall’ Eremita è quello conservato nel museo di Montevergine, intitolato Madonna di S. Guglielmo, stessa espressione della madonna che allatta e che il popolo di Cicciano venera col titolo di “Madonna degli Angeli” presso Monte Fellino.
Nel mese di giugno in occasione della festività dedicata a un'altra figura di santità, il taumaturgo Antonio da Padova molto venerato dai fedeli nel Santuario ai piedi di Monte Fellino, portano il Santo Padovano in processione verso il Monte, proprio nei luoghi dove San Guglielmo meditava e attuava le glorie di Maria. Tale processione si svolge ogni anno nel ricordo dei due Santi e del passaggio di san Guglielmo in quel territorio.


Guglielmo prima di passar a miglior vita visitò per l'ultima volta tutti i monasteri che aveva fondato per esortare i religiosi e le religiose a perseverare nella vita di preghiera e di penitenza. Poi si ritirò al Goleto e si preparò alla morte. Quando giunse il felice momento da lui predetto, si fece portare in chiesa e coricare sul pavimento senza supporto alcuno a suo sollievo.
Egli, ancora, raccomandò a quanti lo circondavano la perseveranza nella pratica della povertà, nella coltivazione della vita eremitica e li pregò di seppellirlo con lo stesso abito di cui era rivestito. Come i cistercensi suo contemporanei, fondati nel 1098 a Cìteaux da S. Roberto di Molesmee propagati per tutta Europa da S. Bernardo di Chiaravalle, egli aveva adottato per reazione ai monaci di Cluny la tonaca e la cocolla bianche.
 San Guglielmo da vercelli morì a Goleto, in Irpinia, il 25 giugno 1142,
 - dove un gruppo di giovani Ciccianesi ne ha fatto visita il 28 ottobre del 2012  proprio per dar fede a queste ultime ricerche, comprendere da vicino le fatiche e il grande carisma che aveva questo grande santo grazie al quale è riuscito da solo a portare la sua fede Mariana in quasi tutta Italia e lasciando con forza il proprio segno del suo passaggio costruendo monasteri, conventi, spizi...e lasciando grandissime testimonianza di arte e culture -
Subito dopo la sua morte il suo sepolcro divenne presto meta di pellegrinaggi per i miracoli che otteneva da Dio. Fu questo il motivo per cui i vescovi delle diocesi circonvicine ne permisero subito dopo la morte il culto pubblico. Pare che sia stato beatificato da Alessandro III nel 1181, ma non canonizzato. La sua venerazione fu estesa a tutta la Chiesa nel 1785 da Pio VI. Nel 1942 Pio XII lo dichiarò patrono primario dell'Irpinia. Dal 2 Settembre 1807 le sue reliquie sono venerate a Montevergine dove furono traslate, per volere di Gioacchino Murat, re di Napoli.

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